C’era una volta un cieco, seduto sul gradino di un marciapiede, chiedeva l’elemosina. Ai suoi piedi, un cappello; vicino al cappello un pezzo di cartone con scritto “Sono cieco. Aiutatemi, per favore”. Un mattino un pubblicitario passò di lì e si fermò; guardando il cappello vide che c’erano solo poche monete. Si chinò e aggiunse alcune monete. Poi, senza chiedere il permesso, girò il cartone e scrisse un’altra frase e lo riposò. Poco più tardi, il pubblicitario passò nuovamente e notò che il cappello era colmo di monete. Il cieco riconobbe il passo dell’uomo e gli domandò cosa avesse scritto. Il pubblicitario, contento, rispose: “nulla che non sia vero; ho solamente riscritto la tua frase in altro modo.” Sul pezzo di cartone era scritto: Oggi è primavera e io non posso vederla.
Questa storiella, conosciuta da chiunque abbia in un modo o nell’altro gravitato attorno al mondo della comunicazione, è una perfetta sintesi di ciò che la pubblicità “può fare”. Eppure Chi di noi non ha imprecato contro le continue interruzioni durante un film, Chi non si è mai indignato per un visual (immagine, foto) su un cartellone; Chi non ha visto il film “What Women Want” riconoscendo la bassezza di certi mezzucci di chi, a qualsiasi livello, fa pubblicità.
Se conto dal giorno in cui ho cominciato a fare comunicazione, ormai, sono vicina ai 20 anni. 20 anni di questo ambiente saturo, di questa aria a volte così pesante da sentirsi soffocare; di tanti luoghi comuni difficili da scardinare. Amici e parenti hanno impiegato diverso tempo per capire bene di cosa mi occupo e ancora meno credo abbiano capito perché abbia scelto una professione così bistrattata, poco lodevole, frustrante, poco seria!
Beh è tutto vero quel che si dice, eppure il lavoro in agenzia è ben lontano da quello che si immagina: post divertenti, video di cazzeggio e foto ritoccate. Il lavoro, in agenzia, è fatto di tempi da rispettare; di budget ristretti; di clienti difficili da accontentare e convincere per ciò che sarebbe meglio per loro; di concorrenti come agenzie, ma anche free lance, amatori, tipografie e stamperie. E sì perché tutto si riduce in una parolina magica: GRAFICA! Grafica è quello che fai, grafica è quello che sei. L’idea, il progetto, la ricerca, il documentarsi, l’aggiornarsi, lo studio sono dettagli trascurabili che non ci faranno mai essere che solo un gruppo di incompresi che si incontrano ogni giorno, nello stesso luogo, dalle 9 alle 18, dal lunedì al venerdì per poi scrivere una frase su un pezzo di cartone: Bastasse la graFICA.
G.S.